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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • FAIZABAD, 27 July 2005..KOKCHA RIVER....A new bridge is under construction, ..Muslims are performing 'Salat'
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Ogni anno a Novoli si svolge nei giorni 16-17-18 gennaio, in onore di Sant'Antonio Abate, patrono del paese, la "festa del fuoco", un avvenimento che richiama, per la sua singolarità, migliaia di visitatori e pellegrini da ogni parte della provincia. Non si sa con esattezza a quando risale la venerazione dei Novolesi per il "santo del fuoco", ma è da ritenere molto antica, probabilmente risale all'epoca bizantina. Sant'Antonio è anche detto Santo del porcello, o più esattamente degli animali, perché la cultura popolare gli ha attribuito la facoltà di proteggere tutti gli animali da cortile e da stalla.<br />
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Every year takes place in Novoli 16-17-18 January in honor of Saint Anthony, the patron saint of the country, "fire festival", an event that draws, for its singularity, thousands of visitors and pilgrims from every part of the province. It is not known exactly when was the veneration of Novolesi for the "holy fire", but has to be considered very old, probably dating from the Byzantine era. Anthony is also called the Holy of pig, or more precisely, of the animals, because popular culture and has been given the power to protect all farm animals and barn.
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Il 28 luglio 1480 una flotta navale turca del sultano dell'Impero ottomano Maometto II proveniente da Valona, forte di 90 galee, 40 galeotte e altre navi, per un totale di circa 150 imbarcazioni e 18.000 soldati, si presentò sotto le mura di Otranto. La città resistette strenuamente agli attacchi, ma la sua popolazione di soli 6.000 abitanti non poté opporsi a lungo ai bombardamenti. Infatti il 29 luglio la guarnigione e tutti gli abitanti abbandonarono il borgo nelle mani dei Turchi, ritirandosi nella cittadella mentre questi ultimi cominciavano le loro razzie anche nei casali vicini. Quando Gedik Ahmet Pascià chiese la resa ai difensori, questi si rifiutarono e in risposta le artiglierie turche ripresero il bombardamento. L'11 agosto, dopo 15 giorni d'assedio, Gedik Ahmet Pascià ordinò l'attacco finale durante il quale riuscì a sfondare le difese e a espugnare anche il castello. Nel massacro che ne seguì, tutti i maschi di oltre quindici anni furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù. Secondo alcune ricostruzioni storiche, i morti furono in totale 12.000 e i ridotti in schiavitù 5.000, comprendendo anche le vittime dei territori della penisola salentina intorno alla città. I superstiti e il clero si erano rifugiati nella cattedrale a pregare con l'arcivescovo Stefano Pendinelli. Gedik Ahmet Pascià ordinò loro di rinnegare la fede cristiana, ma ricevendone un netto rifiuto, irruppe con i suoi uomini nella cattedrale e li catturò. Furono quindi tutti uccisi, mentre la chiesa, in segno di spregio, fu ridotta a stalla per i cavalli. Particolarmente barbara fu l'uccisione dell'anziano arcivescovo Stefano Pendinelli, il quale incitò i superstiti a rivolgersi a Dio in punto di morte. Fu infatti sciabolato e fatto a pezzi con le scimitarre, mentre il suo capo mozzato fu infilzato su una picca e portato per le vie della città. Il comandante della guarnigione Francesco Largo venne invece segato vivo. A capo degli Otrantini -che i
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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  • Anticamente era la sola Confraternita del Ss.mo Crocifisso (quella dei bottai) ad avere l'onore di portare, processionalmente per le vie della Città, la lignea statua di Cristo Morto (Urnia) e quella della Vergine Addolorata. Oggi, dopo la riforma del calendario liturgico, sono due le Confraternite che, nel vespro del Venerdì Santo, dopo l'Azione Liturgica propria del giorno, processionalmente, per le vie del Centro Storico e del Borgo, con enorme affluenza di popolo, organizzano e conducono questa manifestazione devozionale: la Confraternita del SS.mo Crocifisso e quella di Santa Maria degli Angeli (o dei pescatori), che porta la statua della Vergine Addolorata. Da qualche anno, alle due tradizionali statue, la Confraternita del Ss.mo Crocifisso ne ha aggiunte altre cinque, opera di valenti maestri cartapestai, raffiguranti diverse posizioni di Gesù durante la Passione: l'agonia dello Getsemani, la Flagellazione, l'Ecce Homo, Cristo con la Croce, la Crocifissione. Al suono della tromba e al rullio del tamburo, si snoda il pio pellegrinaggio preceduto dalla "Croce dei Misteri". Seguono i Confratelli del Crocifisso, dal saio e cappuccio rossi e dalla mozzetta celeste; hanno sul capo una corona di spine e, nel portamento, denotano l'immagine del Cristo sofferente. Le statue dei "Misteri" procedono in questa lunga "sfilata" di confratelli fino alla "grande" Tomba, addobbata di fiori. La pesante "macchina" è portata sulle spalle da giovani che, si alternano ordinatamente. Segue immediatamente la Confraternita di Santa Maria degli Angeli, i cui confratelli, dal saio e dal cappuccio bianchi e dalla mozzetta azzurra, portano pesanti ceri. E dietro la statua della Vergine Addolorata, anche questa portata a spalla, una folla di devoti che prega e canta gli inni della Passione.	La processione si ritira intorno alla mezzanotte, dopo che, al rientro, il Sacerdote benedice con il Sacro Legno della Croce il mare, dal parapetto murario antistante le due Chiese, del Crocifisso
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